mercoledì 15 luglio 2009

Nel gruppo delle morti eccellenti, denominate miti consolidati , forse desterà qualche perplessità l’inserimento di Giovanni Falcone, considerato in Italia ed all’estero una icona da venerare.
Si viene meno all’idea di trasparenza e di visione lungimirante se non si effettuano alcune precisazioni ed analisi più approfondite.
Giovanni Falcone è considerato simbolo della lotta alla mafia e la sua morte ha creato sgomento in più parti del mondo accelerando la decisione di applicare ai reati mafiosi leggi e disposizioni restrittive inerenti la libertà personale.
Nulla da eccepire su quanto enucleato e il sacrifico del magistrato non è stato inutile e ha contribuito alla presa di coscienza e alla crescita della Società Civile.
Dato atto di ciò e partecipi al dolore dalla famiglia e di coloro che hanno lavorato e conosciuto Falcone, in questa sede vorremmo analizzare il suo operato nei confronti della mafia in un contesto più complesso.


La mafia in Sicilia, tralasciando cenni sulle sue origini e sul suo sviluppo dai Beati Paoli in poi, negli ultimi due secoli, si è data un assetto di potere e di sopraffazione.
Con stretti legami con qualsiasi forma di potere politico, la mafia aveva costituito un potere autoreferente che comprendeva politici, uomini di Chiesa, massoneria e nobiltà, professionisti, imprenditori, grandi proprietari terrieri e messo in atto un sistema perverso e ricattatorio che per tradizione conduceva ad una concezione di vita gaudente e privilegiata.
I collegamenti con le grandi famiglie mafiose americane in particolare con quelle della II o III generazione di immigrati, avevano anticipato l’attuale globalizzazione. La forza finanziaria e le attività criminali, hanno permesso di gestire un immenso patrimonio utilizzando manovalanza o iniziati affascinati da possibili vantaggi futuri e operativi quale esercito di manovra al servizio dei potenti boss.
Tutta la storia del XX secolo, è sotto il segno di collegamenti con nobili e stelle del cinema, omicidi mai chiariti, carriere professionali e politiche con ascese inspiegabilmente vertiginose con una immagine di persone decise e gaudenti legate da un’unica finalità: fare il proprio comodo e contrastare la Società Civile.
A questa mafia tradizionale ancorcchè in continua evoluzione ed adattamento, inizia fin dagli anni ’60 ad accostarsi un tipo di mafia rurale di poche letture e di titoli di studio ma con il desiderio e la rabbia di non recitare più il ruolo di “soldatini” dei boss, ma decisi a divenire protagonisti negli affari più lucrosi attraverso estorsioni, narcotraffico, gioco di azzardo ed appalti pubblici pilotati.
Questo nuovo genere di mafioso vive, in apparenza, modestamente senza ostentare ricchezza e potere ma l’appartenenza alla categoria dei “picciotti” e l’essere forgiati al crimine ed al delitto e non al coinvolgimento con gli apparati dello Stato, li porta ben presto ad un aspro conflitto con i vecchi boss.
I primi a preoccuparsi di questa nuova trasformazione e poi a subirne le conseguenze con una graduale eliminazione fisica, furono soprattutto i mafiosi “colletti bianchi” o infiltrati nelle Istituzioni unitamente a coloro non condividevano la lotta senza esclusione di colpi.
La scelta di Falcone di utilizzare pentiti di un gruppo per scardinare il potere degli “emergenti”, soprattutto i Corleonesi ha portato, anche con il pentimento del boss Tommaso Buscetta, a risultati a prima vista eccellenti e di grande risalto mediatico e politico.
Falcone affronta questa grande sfida con la serietà e la determinazione di un bravo e ligio magistrato/burocrate senza rendersi conto che in questo modo avrebbe colpito pesantemente il fenomeno mafioso ma lo avrebbe nello stesso tempo reso “esplosivo”.
Gli emergenti Corleonesi erano tutti individuati e sotto controllo e, nel loro desiderio di onnipotenza, tempo qualche anno, avrebbero del tutto eliminato i mafiosi tradizionali, avrebbero ottenuto il beneplacito delle famiglie americane interessate solo al loro “business” e, senza ancora una ramificata rete di contatti politici di copertura ad alto livello, sarebbero stati facilmente neutralizzati da magistrati e forze dell’ordine.



A questo punto occorre una nota:
qualche importante politico abituato a trattare, tramite i propri plenipotenziari,
con i boss tradizionali, intuendo il cambiamento nei rapporti di forza, cercò un collegamento con gli emergenti Corleonesi in vista di scenari futuri diversi.
È per questo che alcuni di questi pleni potenziali, accusati di voltafaccia, furono rapidamente eliminati perché non più affidabili.
Con l’aiuto dei pentiti e le sue intuizioni, Falcone viene a conoscenza di organigrammi mafiosi, sistemi, progetti della nuova mafia e, con varie operazioni ad ampio raggio, ne fiaccò la forza facendo arrestare e processare molti capi e capetti.
Questa parziale decapitazione dei nuovi mafiosi Corleonesi, portò quest’ultimi a ritorsioni allo Stato ( attentati ai treni, ai monumenti storici, stragi e rapimenti o tentativi di sequestro eccellenti) che portarono su tutto il territorio nazionale ad una “exalation” di criminalità pura E DI ATTACCO AL CUORE DELLO Stato che i vecchi mafiosi non avrebbero mai approvato.

Le conseguenze dell’operato di Falcone furono:
- Falcone fu eliminato a Capaci dai Corleonesi
- La mafia emergente prima di completare l’opera di eliminazione dei concorrenti boss mafiosi tradizionali, come era prevedibile è stata ridotta alla quasi impotenza
- Il vecchio apparato mafioso che i nuovi volevano sostituire, hanno ripreso la loro attività tranquillizzati e con il vantaggio di una Italia governata da personaggi a loro non ostili.


La vecchia mafia ha rialzato la testa ed oggi, nell’era della vera e “naturale” globalizzazione non solo è più forte e potente di prima ma, secondo acuti osservatori, condiziona in maniera determinante la politica e l’economia dell’Italia di oggi.
Falcone, per potersi spostare a Roma per incarichi importanti, tuffarsi nella “dolce vita romana” come il suo collega amico Ajala e coinvolgendo in questa sua visione e nella identica e triste fine il buon e bravo Borsellino, è stato un bravo e corretto magistrato come tanti, ma non possiamo considerarlo un mito.
Per diventare un mito e questo non è un senno di poi, avrebbe dovuto dare un colpo mortale alla mafia e invece ha solo contribuito alla vittoria di uno dei due contendenti alla supremazia mafiosa, ha considerato un risultato globale solo quello che per interesse di parte alcuni pentiti hanno rivelato (dunque un risultato parziale) ed i boss di ieri ritornati potenti e collusi con gli apparati dello Stato hanno considerato Falcone una pedina in ultima analisi anche un po’ vanitosa e sempliciotta di una lotta molto più grande e complessa da quella ipotizzata da Falcone e da tutti coloro che ne hanno mitizzato l’operato.